L’arancino, conosciuto anche come arancina, è uno dei piatti più iconici della cucina siciliana. La storia e la ricetta dell’arancino siciliano sono affascinanti e intrecciate con le diverse culture che hanno influenzato l’isola nel corso dei secoli.
Storia dell’arancino siciliano
L’origine dell’arancino risale probabilmente al periodo della dominazione araba in Sicilia, tra il IX e l’XI secolo. Ad avvalorare questa ipotesi è la costante presenza dello zafferano che si andava introducendo proprio in quegli anni nelle varie pietanze. Gli arabi avevano, infatti, l’abitudine di appallottolare un pò di riso con lo zafferano sul palmo della mano per avvolgere carne e verdure, in modo da formare una specie di polpetta da consumare “al volo”. Muhammad al-Baghdadi nel suo libro di cucina, scritto nel 1226, riporta la ricetta della Nāranjīya (arancia) e ricorda parecchio questa pietanza siciliana, cioè una polpetta di riso contenente al suo interno carne di montone immersa nell’uovo sbattuto e poi fritta in modo da farla assomigliare al frutto dell’arancio. A rinforzare questa tesi, si sa che i musulmani avevano l’usanza di associare nomi di frutti alle pietanze di forma tonda, come riportato da Giambonino da Cremona.
Durante il regno di Federico II di Svevia, nel XIII secolo, si introdussero la panatura e la frittura, rendendo la pietanza più compatta e gustosa, ma anche ideale per essere trasportata e conservata nelle battute di caccia o come cibo da asporto per il lavoro in campagna.
Tuttavia, la prima menzione documentata dell’arancino risale al 1857, nel Dizionario siciliano-italiano di Giuseppe Biundi, dove viene descritto come una “vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia” quindi è molto probabile che inizialmente avesse un sapore più dolce che salato. In effetti pare che i primi acquisti di uno degli elementi tipici costituenti l’arancino salato, il pomodoro, siano datati al 1852, cinque anni prima dell’edizione del Biundi. La diffusione di tale ortaggio e il suo uso massiccio nella gastronomia siciliana si deve ipotizzare successiva a tale data e, verosimilmente, nel 1857 non era ancora divenuto parte dell’arancino.
Ma si dice “Arancino” o “Arancina”?
Oggi, l’arancino è uno street food amato in tutta la Sicilia ed in generale in varie parti d’Italia dove si è diffuso gradualmente, con varianti che includono ripieni di ragù, burro e prosciutto, spinaci, melenzane e pistacchio. La disputa tra “arancino” e “arancina” è ancora viva: nella Sicilia orientale ed in particolare a Catania si preferisce il termine “arancino”, dalla caratteristica forma appuntita, probabilmente anche per ricordare la forma del vulcano Etna, mentre nella Sicilia occidentale e specialmente a Palermo si usa chiamarla “arancina” e la forma è rotonda.
A supportare la tesi che l’arancino sia maschile è il fatto che nella lingua siciliana, che discende direttamente dal latino volgare a differenza dell’Italiano, ha mantenuto la corrispondenza fra i generi grammaticali adottati dalla lingua latina per piante e frutti. Infatti in siciliano i frutti mantengono quasi integralmente il genere grammaticale maschile, derivando questo direttamente dal genere neutro che il latino aveva fissato per i frutti, ad es. pirum: in italiano “la pera”, in siciliano “u piru”, oppure prunus che in italiano è “prugna” mentre in siciliano è “prunu”.
Per mettere tutti d’accordo, l’Accademia della Crusca nel 2018 ha stabilito che entrambe le forme identificano la stessa pietanza.
Ricetta tradizionale dell’arancino al ragù di carne
Ai suoi esordi, un solo arancino corrispondeva probabilmente ad un pasto completo, sia per le sue dimensioni ed il suo peso di circa 400 grammi, sia per la completezza dei suoi ingredienti:
- Primo: riso panato
- Secondo: carne
- Contorno: piselli, cipolla, pomodoro, formaggio
Oggi gli arancini che conosciamo sono di dimensioni ridotte ed il loro peso si aggira intorno ai 200 grammi, quindi, la ricetta riportata di seguito, sebbene tradizionale, creerà arancini più più piccoli ed è formulata per circa 25 arancini di 160 grammi.
Ingredienti per il riso
- Riso bianco (consigliato Vialone nano): 1 Kg
- Brodo di pollo (in alternativa brodo vegetale): 2,2 lt
- Zafferano: 2 bustine
- Sale: 20 gr
- Burro: 160 gr
Ingredienti per il ragù
- Cipolla: 1
- Carota: 1
- Sedano: 1 gambo
- Alloro: 2 foglie
- Chiodi di garofano in polvere: 1 pizzico
- Tritato di bovino: 250 gr
- Tritato di suino: 250 gr
- Vino bianco: 1/2 bicchiere
- Concentrato di pomodoro: 2 cucchiai
- Pisellini: 200 gr
- Provola o Caciocavallo (facoltativo): 200 gr
- Sale: q.b.
- Pepe: q.b.
Ingredienti per la finitura
- Acqua: 2 bicchieri da 200 ml
- Farina: 2 bicchieri da 200 ml
- Uovo (facoltativo): 1
- Pangrattato
Preparazione del riso
- Mettere in una pentola il brodo, il burro, lo zafferano ed il sale e portare in ebollizione;
- Aggiungere il riso e mescolare bene;
- Chiudere con il coperchio e lasciare cuocere a fiamma bassa fino a che il riso risulta cotto ma al dente;
- A cottura ultimata porre il riso in un piatto freddo e stenderlo in maniera uniforme in modo che si raffreddi rapidamente;
- Quando il riso si è intiepidito vuol dire che pronto per poter preparare gli arancini, ma attenzione che non sia né troppo caldo né troppo freddo. Solitamente è necessaria almeno 1 ora.
Preparazione del ragù
- Tritare finemente la cipolla e soffriggere in un filo d’olio;
- Aggiungere i 2 tipi di carne tritata e far rosolare a fiamma vivace;
- Aggiungere i piselli e mescolare bene;
- Sfumare col vino bianco;
- Diluire il concentrato di pomodoro in un bicchiere d’acqua ed aggiungerlo alla carne;
- Abbassare la fiamma ed aggiustare di sale e pepe;
- Cuocere finché il brodo diventa una crema, a quel punto si può spegnere e lasciare riposare;
- Nel frattempo tagliare la provola a cubetti in modo che possa essere aggiunta al ragù prima di chiudere l’arancino.
Formare l’arancino
- Con le mani inumidite con dell’acqua, prelevare un pò di riso per formare la base dell’arancino ed adagiarla sul palmo della mano (circa 120 grammi);
- Modellare il riso creando una sorta di nido o di conca;
- Riempire la cavità formata col ragù ed aggiungere qualche cubetto di provola
- Prelevare un altro pò di riso per chiudere la cavità, cercando di dare la classica forma a punta.
- Adagiare l’arancino su una teglia e ripetere l’operazione dal punto 1 fino ad esaurire il riso ed il ragù.
Finitura
- Porre la farina in una ciotola;
- Aggiungere l’uovo e l’acqua e sbattere bene con l’ausilio delle fruste;
- Quando la pastella è liscia e densa, passare al suo interno gli arancini;
- Subito dopo passare gli arancini nel pangrattato.
Frittura
Per un ottima frittura si raccomanda l’utilizzo di uno dei seguenti oli: olio di oliva, olio di semi, olio di arachidi.
- Friggere in abbondante olio portato alla temperatura di circa 190° fino alla doratura (per essere sicuri che l’olio raggiunga la giusta temperatura si può utilizzare una mollica di pane da gettare nell’olio: se sfrigola vuol dire che va bene);
- Immergere delicatamente gli arancini, massimo 2 alla volta in modo da non abbassare la temperatura dell’olio;
- Quando l’arancino è dorato, rimetterlo nella teglia foderata con carta assorbente e servire ben caldo.
Un trucco per avere una panatura croccante, compatta e resistente è quella di friggere gli arancini 2 volte, fino a quando la doratura diventa un pò più arancione!
Fonti
- M. Amari – Storia dei Musulmani di Sicilia vol. 3, I edizione – Firenze, Le Monnier, 1868.
- Giuseppe Biundi, Dizionario siciliano-italiano, Fratelli Pedone Lauriel, 1857, p. 32.
- Girolamo Caracausi, Arabismi medievali di Sicilia, dal Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, vol. 5, p. 108.
- Si dice arancino o arancina?, su accademiadellacrusca.it. URL consultato il 17 dicembre 2018.
- Cinzia Rando, Siracusa e provincia: i siti archeologici e naturali, il mar Ionio, i monti Iblei, Touring Editore, 1999, p. 39.